Si è concluso un altro weekend durante il quale numerose attività presenti nei parchi commerciali non hanno potuto lavorare per via della chiusura imposta dal DPCM del 6 novembre che ha equiparato i centri commerciali ai parchi commerciali.
Nell’immaginario e nella convinzione comune le due tipologie di attività sono simili, ma assolutamente non è così. Un Decreto ministeriale non può non tenere conto delle differenze sostanziali che ci sono. I negozi dei centri commerciali hanno un ingresso che avviene al chiuso, da un luogo interno a un altro. Per i parchi commerciali, invece, questo avviene da un luogo esterno, all’aperto, in uno chiuso. Proprio per questa differenza sostanziale cambiano anche le modalità di autorizzazione. Per i centri commerciali queste vengono rilasciate da Comune e Regione, mentre è più semplice quella dei centri commerciali, che prevedono solo il rilascio del permesso comunale.
L’articolo 4 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, stabilisce che il Centro commerciale è “una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma della superficie di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti”.
Del Parco commerciale non esiste una definizione normativa adottata a livello nazionale. Questi sono aggregati di esercizi commerciali che condividono soltanto il parcheggio, in modo analogo ai negozi dei centri urbani, al contrario aperti durante i weekend.
“Per stemperare la crisi dovuta al corretto lockdown – spiega l’imprenditore Giancarlo Fiore – abbiamo scelto di andare controcorrente e investire, aprendo 2 nuovi punti vendita Citymoda in due parchi commerciali, a Bari e a Surano. Avremmo potuto chiudere il 2020 in pareggio ma queste chiusure forzate e insensate, ci hanno portato a non poter superare questo momento difficile”.
In Veneto, in Emilia Romagna, in Lombardia e altre regioni da novembre, ci sono state già delle azioni da parte degli esercenti e dagli enti regionali stessi, per avere dei chiarimenti da parte del Governo su questa differenza. Chiudendo i parchi commerciali e lasciando aperte le attività dei centri urbani, non si tutela la salute, perché si crea assembramento nelle vie dello shopping e si contrasta la libera concorrenza.
“Mi auguro che il prof. Draghi e il nuovo Governo pongano attenzione a questa oggettiva imprecisione da parte del precedente DPCM. Ad ogni modo io e altri imprenditori del settore, come me danneggiati da queste chiusure, abbiamo intrapreso vie legali per un risarcimento da parte dello Stato”.